lunedì 29 luglio 2013

Federico Delmonte- un giovane chef da tenere d'occhio


Federico Delmonte nonostante la giovane età, ha già accumulato una serie di esperienze importanti. Partito per Londra subito dopo la scuola alberghiera, dove ha ampliato i suoi orizzonti avvicinandosi a modi di cucinare ancora a lui sconosciuti, rientra in Italia e approda al ristorante Il Pagliaccio di Roma, al fianco di  Antony Genovese, esperienza da lui definita fra le più importanti per la sua formazione di chef. Seguiranno altre due parentesi in  rinomati ristoranti della Romagna (il Povero Diavolo di Torriana in provincia di Rimini  e Il Magnolia di Cesenatico), per terminare con la grande opportunità di trascorrere un periodo a Firenze presso la cucina dell’enoteca Pinchiorri. Il suo pensiero gastronomico di fondo parte dalla qualità e dalla stagionalità della materia prima. Federico Delmonte è costantemente alla ricerca di prodotti alimentari di eccellenza, che elabora e trasforma con l’ausilio della tecnica acquisita ma sempre nel rispetto del gusto e senza mai dimenticare il legame con la cucina tradizionale dei suoi luoghi d’origine.




    Come è nata la Sua passione per la cucina?
Credo risalga alla mia infanzia, è qualcosa di legato alla figura dei miei nonni che mi hanno avvicinato alla cucina insegnandomi anche  il rispetto per il cibo.

  Se non avesse fatto lo chef che lavoro avrebbe fatto? Probabilmente avrei scelto una professione nell’ambito sportivo.

    Mi dica tre caratteristiche necessarie che contraddistinguono un bravo chef. 
Costanza, umiltà e buona tecnica.


Battuta Raffaello
Battuta di fassona piemontese condita con tandoori lime, olio evo e poi avvolta nel cocco rapé

      Lei è volato a Londra subito dopo la scuola alberghiera. E’ stato difficile per un ragazzo giovane inserirsi in quel contesto e quanto ha contato questa esperienza?
Inizialmente è stato abbastanza difficile inserirsi in una realtà così diversa ma devo ammettere che ne è valsa la pena perché si è rivelata un’esperienza importante. Sicuramente sono stato facilitato dal fatto di trovarmi in compagnia di altri tre ragazzi della mia età, e ciò ha fatto si che ci motivassimo a vicenda. Anche se alla fine, come in molti casi della vita, devi buttarti da solo e camminare con le tue gambe.

        Che differenze ha riscontrato nel lavorare in un ristorante inglese, “The Dorchester” e un ristorante italiano a Londra, lo “Zafferano”? 
     The Dorchester mi ha insegnato il rigore, la pulizia e la costanza, elementi fondamentali per mantenere il livello richiesto dalla situazione. La parentesi professionale presso il ristorante Zafferano, invece, è stato il mio primo approccio ad una cucina stellata.


Capesante, fave , caciotta e limone
Purea di fave, Capesante scottate con su caciotta e gel al limone e bergamotto,
lavanda e ravanello

      C'è una cucina, nel mondo, che più l'affascina e che magari Le ha ispirato qualche contaminazione di stili e di gusti?  Per il momento sono influenzato principalmente dalle  diverse culture che ho imparato a conoscere durante il mio percorso professionale , come quella orientale ad esempio.  Col tempo però, ampliando gli orizzonti, il mio stile di cucinare potrebbe rivelare nuove contaminazioni. Il mio punto di partenza è comunque sempre la cucina italiana.

Il carciofo.....
Pappa al carciofo, carciofo cotto e brasato con su del berbere, succo di orzo e pane croccante

     Tra le Sue esperienze professionali ci sono quella al Pagliaccio di Roma, al fianco di Antony Genovese e una breve parentesi all’Enoteca Pinchiorri. Che influenza hanno avuto nella Sua formazione?  Quella con Antony Genovese è stata per me un’esperienza fondamentale che si è poi trasformata in una solida amicizia. Grazie a lui mi sono avvicinato alla cultura orientale riuscendo ad apprezzarne ogni sfumatura, tanto che oggi la si può ritrovare nelle mie proposte culinarie. Lo stage all’ Enoteca Pinchiorri mi ha insegnato l’eleganza nel modo di presentare il cibo, che non è mai dissociata da un certo rigore. Sono state entrambe due grandi opportunità per accrescere il livello della mia professione.

Equilibrio
Un cremoso con cioccolato bianco e the verde affiancato a un cremoso con fondente e the arancio e zenzero
 guarniti con the al gelsomino e frutta (in questo caso pesca e mela ) condita con olio e the affumicato


Quali sono gli ingredienti che non possono mancare nella Sua cucina?
Nelle mie preparazioni utilizzo molto gli agrumi, per esempio.


    L’idea di un suo nuovo piatto nasce dall’impulso o dalla sperimentazione? 
Direi sicuramente dall’impulso.

    La creazione culinaria di cui è più orgoglioso? 
E’ difficile dirlo perché  sono molto critico con me stesso e mi sembra di non avere mai fatto bene abbastanza.

    C’è un piatto non Suo che avrebbe voluto creare Lei?
Si,  si tratta del wafer di foie-gras servito come amuse bouche  dello chef Mauro Uliassi di Senigallia. 

    Ripeterebbe tutto daccapo?
Certamente si.

Emanuela Tediosi










martedì 16 luglio 2013

Estate, tempo di pesche !

Estate, tempo di pesche! Le colline intorno a Pesaro ne sono gravide. La loro terra permeabile e di medio impasto sembra fatta apposta per produrre un frutto sodo e morbido al contempo, succoso, prosperoso e vellutato, che per sensualità ha come rivale solo la ciliegia. Ma mentre la ciliegia è come un amore giovanile (non basta mai), la pesca è già un amore più maturo: non la mangi in un boccone, ma ti ci devi impegnare e sbrodolarti le dita e , alla fine, ti lascia sui baffi il suo profumo, ti sazia.


Frutto nobile e antico, in questi luoghi è apprezzata da tempi lontani: in una lettera del 1577, Vittoria Farnese, moglie del Duca di Urbino, Guidobaldo II, scrive alla Contessa di Montelabbate, Livia Rota Negrini, ringraziandola per le belle e buone pesche ricevute in dono.
Ma anche nella mia storia personale ha lasciato tracce. Le gite domenicali con i miei sulla strada montelabatese infuocata che ci portava a Urbino erano continue soste in oasi di profumo : un contadino sotto un ombrellone e accanto un'Ape Piaggio stracarico di platò e un cartello che più essenziale non si può : pesche.


Oppure un'altra traccia è quella di mio padre che a fine pasto taglia a grossi tocchi una pesca gialla e la immerge in un bicchiere di rosso; in pratica una sangria, ma povera, espressa, da consumarsi subito, che non ha bisogno di tanti aromi e ingredienti, ne bastano due , allegri e goduriosi: il Sangiovese e le pesche.


P.S. Dal 1945 ogni terza domenica di Luglio si svolge a Montelabbate (PU)  la Sagra delle Pesche, ma pochi giorni fa  una grandinata con chicchi grossi come noci ha mitragliato i raccolti e ne ha fatto strage.
Presumo quindi che sarà una edizione sottotono (come molte altre cose che ci riguardano) , a meno che non intervenga il miglior amico delle pesche a dare una mano.........il Sangiovese.

Andrea Angelucci

Un ringraziamento particolare alla Ines che nulla esclude possa aver incontrato da bambino in una di quelle oasi profumate con il cartello Pesche.